Cosa lo minaccia

Il Mare Mediterraneo (foto P. Gherardi) è pari allo 0,7 - 0,8% di tutte le acque del globo. E’ un mare semichiuso, collegato agli oceani dagli stretti di Suez e di Gibilterra, con un lentissimo ricambio delle acque (le sole acque superficiali impiegano mediamente oltre un secolo per rinnovarsi). La massa d’acqua ha profondità media di 1.500 metri con punte di 4.000 metri. Lo sviluppo costiero è di ben 46.000 Km, isole comprese. La lunghezza massima del Mediterraneo è di circa 3.800 chilometri (da Gibilterra alla Siria), mentre la larghezza massima è di 900 chilometri (dalla Francia all’Algeria). Oltre il 50 % dei punti del Mediterraneo è posto a meno di 100 chilometri dalla costa. Per questo si chiama Mediterraneo, circondato dalla terra, anzi “posto al centro della terra”.

Mare Mediterraneo (foto P. Gherardi)

Ecco, in questo mare particolarissimo, delicatissimo e piccolissimo (appunto lo 0,7 - 0,8% delle acque del globo) transita oltre il 25% (se non il 30%) del traffico mondiale di idrocarburi, petrolio e suoi derivati. Stiamo parlando di quasi 400 milioni di tonnellate annue di idrocarburi: ogni giorno nel Mediterraneo operano oltre 250 petroliere, con rischi elevatissimi. E’ appunto la concentrazione abnorme di traffici marittimi pericolosi la fonte di maggiore pressione. Su 400, ben 125 milioni di tonnellate (circa il 10% degli idrocarburi mondiali) vengono movimentate ogni anno nei porti italiani, contribuendo per oltre 80 milioni di tonnellate annue alla nostra importazione per esigenze energetiche nazionali. Quasi il 70% dell’intera movimentazione di idrocarburi nei nostri porti nazionali (il 70% dei 125 milioni di tonnellate) si concentra in sole quattro aree (Cagliari, circa 13 milioni di tonn./annue; Genova, circa 13 milioni di tonn./annue; Augusta + Priolo, quasi 25 milioni di tonn./annue; Trieste, circa 36 milioni di tonn./annue, quasi tutte indirizzate via condotta in Austria e Germania). 

In aggiunta ai rischi di oil-spill per i sinistri marittimi (sinistro motocisterna Prestige), va evidenziato che per le dimensioni e le caratteristiche semichiuse del bacino è fortissimo l’impatto prodotto dai cicli operativi della navigazione (lavaggio delle cisterne, scarico delle acque di zavorra, di sentina, ecc.), o anche detti “inquinamenti operazionali”: ogni anno centinaia di migliaia di tonnellate di idrocarburi (c’è chi dice addirittura un milione) finiscono in mare per queste pratiche vietate dalla normativa internazionale.

sinistro motocisterna Prestige

La difficoltà ad applicare misure effettive di controllo, soprattutto nelle acque internazionali, rende di fatto inapplicato il divieto: vengono rilasciate in mare grandi quantità di idrocarburi che, oltre a produrre gravi fastidi al turismo quando si spiaggiano (il catrame sulle spiagge), si depositano e si stratificano sui fondali marini con significativi impatti sulle forme di vita esistenti.

L'ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) da anni rileva la tropicalizzazione delle specie marine del Mediterraneo, soprattutto causata dai mutamenti climatici globali ma anche, addirittura, dall’indebolimento delle specie originarie in conseguenza dell’inquinamento massivo patito nel tempo dal Mediterraneo. Altrettanto gravi sono le conseguenze del rilascio delle acque di zavorra sulla biodiversità, con l’immissione di organismi e microrganismi presi in altri mari. 

Sopra è stata illustrata la difficile condizione in cui versa il Mediterraneo per il massivo inquinamento da idrocarburi. Probabilmente, è difficile escludere che una così grave condizione ambientale non abbia conseguenze sulle condizioni del fitoplancton mediterraneo, influenzandone negativamente la preziosa funzione di mitigazione climatica.