Storia e Geografia
Sia dal punto di vista geologico che da quello naturalistico l'area è notevolmente eterogenea. La zona del Gennargentu è caratterizzata da rocce di natura scistosa, risalenti al Paleozoico e derivanti dal movimento tettonico dell'orogenesi ercinica; qui si trovano le cime montuose più elevate dell'isola tra le quali Punta la Marmora, che arriva a 1834 metri sopra il livello del mare.
Il massiccio costituisce il corpo centrale dell’area, ad esso si legano i monti della Barbagia sino ai vicini Supramonti, e scivola verso il mare a formare il Golfo di Orosei, il più selvaggio tratto di costa del Mediterraneo. L’area del Supramonte (G.Marcoaldi/Panda Photo) presenta una serie di altopiani carsici formati da rocce calcaree risalenti al Mesozoico. Il monte Corrasi, con i suoi 1463 metri di quota è la vetta principale.
Nel versante denominato Supramonte di Oliena sopravvivono boschi ultrasecolari; di particolare interesse è la sorgente carsica di SuGologone, che con il suo getto di 300 litri d'acqua al secondo è la più importante sorgente della Sardegna.
La zona del Golfo di Orosei (Cala Luna, Golfo di Orosei. A.Congiu/Panda Photo) si trova lungo la costa centro orientale della Sardegna. Il suo nome deriva dall'omonima cittadina della provincia di Nuoro, nei pressi del fiume Cedrino. Il golfo vede, a livello morfologico, la presenza di due versanti: la parte settentrionale sul mare, con la presenza di pinete e arenili sino al suo limite nord, e quella meridionale, nei pressi dell'altopiano del Supramonte, che si estende sino al capo di Monte Santu.
L’etimologia di Orosei dovrebbe provenire dagli Aesaronenses (Esaronensi), una delle principali tribù nuragiche, secondo quanto riportato dai documenti romani. Tolomeo tuttavia, in uno dei suoi scritti, nel menzionare una stazione romana la chiamò col nome di Fanum Orisi che poi, sotto il Giudicato di Gallura, divenne Urisè.
L’area ebbe grande sviluppo in epoca giudicale, nel XII secolo, divenendo la più importante sede della curia del Giudicato di Gallura, come dimostrano la torre di Sant'Antonio e la Chiesa parrocchiale di San Giacomo e San Gavino.
Nei secoli la zona fu soggetta ad attacchi pirateschi, richiamandosi alla figura semileggendaria nella lotta contro le invasioni dal mare di Tomasu Mojolu, che nel 1806 guidò la resistenza contro un attacco turco.