Storia e Geografia
L’area del Parco è straordinariamente ricca di testimonianze storiche, archeologiche ed architettoniche. Sin dal paleolitico, bande di cacciatori-raccoglitori, appartenenti alla specie Homo erectus, in questa zona si procuraravano cibo attraverso la raccolta dei prodotti spontanei, la caccia alla selvaggina e l’approvvigionamento di materiale.
Successivamente, la Majella vide l’affermarsi di forme di economia agropastorale che, unitamente alla diffusione nei secoli della presenza monastica e dell’eremitismo, influiranno in maniera determinante sulla storia, sul paesaggio e sull’uso delle risorse naturali. Le testimonianze a riguardo sono innumerevoli: dagli abitati accentrati e fortificati alle capanne a tholos in pietra a secco che caratterizzano ovunque il paesaggio agricolo; i numerosi centri monastici tra cui Santo Spirito a Maiella (Foto P. Gherardi), San Clemente a Casauria, San Liberatore a Maiella, San Martino e San Giovanni all’Orfento.
Scomparso l’eremitismo, le zone più impervie della Majella divennero dominio incontrastato di banditi e briganti per lungo tempo; del fenomeno restano tracce significative, come le incisioni scolpite sulla roccia denominata “Tavola dei Briganti”.
Splendidi e ricchi di testimonianze sono gli antichi borghi: Caramanico Terme con la chiesa di San Tommaso del XII sec. e la chiesa romanico-gotica di Santa Maria Maggiore; Pacentro, borgo medioevale con i resti del Castello dei Cantelmo del XIV sec. e la quattrocentesca chiesa di Santa Maria Maggiore; Salle con i resti del Castello; Pescocostanzo con i suoi splendidi palazzi del ‘500 e del ‘600 e la basilica di Santa Maria del Colle; Guardiagrele con la chiesa romanica di Santa Maria Maggiore dell’XI sec. e la chiesa di San Francesco; Sulmona, con la Cattedrale, Palazzo Tabassi, la chiesa dell’Annunziata originaria del 1320, la Badia Morronese o di Santo Spirito, edificata nel XIII sec. da Pietro da Morrone e, nei pressi il Santuario di Ercole Curino, risalente alla metà del I sec. a.C..
L’Area Protetta si estende per oltre 62.000 ettari su un terreno prevalentemente montagnoso ed è costituita da quattro grandi unità orografiche: la Majella, ampio e compatto massiccio calcareo, il Morrone, il Porrara ed i Monti Pizzi, con le valli ed i piani carsici che fra esse si interpongono.
La Majella (M.Branchi/Panda Photo) propriamente detta è formata da possenti calcari emersi 5 milioni di anni fa dal fondo dell'antico mare chiamato Tetide; la zona è caratterizzata da una serie di vasti pianori sommitali, tondeggianti per effetto dell'azione millenaria dei ghiacciai, che qui erano molto estesi durante le ere glaciali e che non sono riscontrabili in nessun'altra parte dell'Appennino. Tra questi emerge il Vallone di Femmina Morta ad oltre 2500 metri di altitudine, oltre agli altri valloni che solcano la montagna dalla vetta sino alla base: il Vallone dell'Orfento (G.Guerrieri/Panda Photo), la Valle del Foro, il Vallone di Selvaromana, la Valle dell’Orta, la Valle delle Mandrelle-Valle di S. Spirito ed il Vallone di Taranta con la splendida e rinomata Grotta del Cavallone.
A sud, ai piedi del monte Pizzalto, i piani carsici noti come Altipiani Maggiori d'Abruzzo, detti anche Quarti (Santa Chiara, Barone, Grande e Molino), si trovano a 1250 metri sul livello del mare e fanno da cerniera con l'area dei Monti Pizzi-Monte Secine, complesso di natura marnosa a contatto con argille.
Il territorio del Parco per la posizione geografica, per l'asprezza, la vastità, ed l'imponenza (oltre 60 rilievi montuosi di cui 30 superano i 2000 metri, tra cui il Monte Amaro che con i suoi 2793 metri di altezza è la seconda vetta dell'Appennino) rappresenta, dunque, un importante patrimonio di biodiversità a livello internazionale.
La contiguità con il Parco del Gran Sasso e con il Parco Regionale del Sirente-Velino conferisce alla Majella un’importanza ecologica elevatissima, in relazione alle necessità delle specie animali più rare e minacciate di trovare nuove aree vitali in zone ecologicamente integre.