Storia e Geografia
Sul versante storico, se la tradizione omerica vorrebbe l’arcipelago Ciclopi originato da un atto d’ira del gigante Polifemo che, tradito da Ulisse e i suoi compagni scagliò in mare la “divelta cima di un monte”, alla luce della scienza odierna questa leggenda sembra essere la trasfigurazione di un particolare fenomeno geologico risalente a ben 600.000 anni fa. L’arcipelago dei Ciclopi è tra le prime formazioni geologiche di quest’area: eruzioni vulcaniche sottomarine diedero origine alle formazioni prismatiche dei basalti colonnari, testimonianza di quest’attività primordiale. All’’abbondanza di argille nel territorio si deve l’attività ceramica che fiorì nell’area in epoca storica. Ritrovamenti archeologici di ceramiche nella rada di Acitrezza testimoniano la presenza di un importante porto attivo nel periodo greco e romano. In epoca medievale l’intero territorio delle Aci passò sotto il giogo feudale e da tale stato si emancipò cinque secoli dopo. La rinascita economica di Trezza ebbe inizio quando il principe Riggio acquistò il litorale di Acitrezza con l’isola ed i faraglioni, nel 1669. Nel ‘700 Trezza conobbe il suo periodo di massimo splendore: la sua flotta navigava sui mari di tutto il mondo. Con la fine del secolo, tuttavia, il ridimensionamento del ruolo commerciale dell’area restrinse le attività sul mare alla sola pesca. Alla fine dell’800 il borgo viveva uno stato di miseria fisica e morale, descritto da Giovanni Verga nel suo romanzo I Malavoglia. Se Omero aveva decantato le virtù di un luogo di pastorale e solitaria bellezza, il ritratto verghiano articola il faticoso rapporto dell’uomo con un territorio aspro e ingrato, in cui la lotta per la sopravvivenza è quotidiana avventura. Nel narrare la sconfitta dei trezzoti, Verga dà vita ad un capolavoro di grande bellezza, che, come sempre nell’arte più grande, celebra l’eccellenza della verità.
Il territorio dell’area marina protetta Isole Ciclopi si trova al limite settentrionale della Piana di Catania ed è caratterizzato, oltre che dal grande edificio vulcanico etneo, costituito dalle vulcaniti etnee, anche dalle formazioni arenaceo-argillose in massima parte pleistoceniche. Queste formazioni sono costituite da terreni sedimentari con morfologia di stile plastico, pertinente ai sistemi collinari e montuosi e di caratteristiche ben diverse da quelle peculiari dei terreni eruttivi. La morfologia e struttura di questi territori appartengono alle serie argilloso-marnose e argilloso-arenacee.
Resti delle vulcaniti dovute alle eruzioni sottomarine, in prossimità del bordo dell’ampio golfo pre-etneo, si rinvengono oggi soltanto nella zona di Acicastello, Aci Trezza (G. Marcoaldi/Panda Photo) e Ficarazzi, dove sono rappresentate da affioramenti di lave a cuscino (pillows), brecce ialoclastiche e masse magmatiche intruse sotto una sottile copertura di sedimenti.
Queste manifestazioni eruttive sono contemporanee alla sedimentazione dei livelli più recenti di argille marnose del Pleistocene medio. Nell’Isola Lachea e nei Faraglioni (G. Marcoaldi/Panda Photo) dei Ciclopi sono esposti esempi di queste manifestazioni eruttive i cui prodotti risultano intercalati alla successione argillosa.
Queste masse eruttive, interpretate come intrusioni sotto una sottile copertura di sedimenti, si accompagnano in minor misura a materiali effusi in ambiente subacqueo. Le prime sono costituite da lave massicce e/o colonnari, affioranti nell’Isola Lachea, nei Faraglioni e nell’immediato entroterra, mentre le seconde sono rappresentate da lave a pillows e ialoclastiti, affioranti nella rupe di Acicastello (G. Marcoaldi/Panda Photo), lungo le coste a nord di Acitrezza e sulla collina a monte di quest’ultima località.
Nella zona di Acitrezza e Acicastello i prodotti eruttivi sono strettamente associati alle argille marnose marine del Pleistocene (argille marnose azzurre) in posizione modificata rispetto a quella originaria sia per la presenza di dislocazioni tettoniche, sia per l’instabilità del versante argilloso. Sono state riconosciute quattro diverse facies di rocce eruttive, che possono essere riferite a diverse modalità di messa in posto e conseguentemente a diverse “storie di raffreddamento e solidificazione”. Sull’Isola Lachea ed in particolare nelle sue porzioni più elevate, nonché sul versante collinare nei pressi della stazione ferroviaria abbandonata di Acicastello, la natura delle rocce è intrusiva e il lento raffreddamento del magma, dovuto alla coltre di sedimenti marini che lo sovrastavano, ha consentito lo sviluppo di un colonnato con prismi di estesa sezione trasversale e fessurazioni prevalentemente perpendicolari al bordo. Nell’immediato entroterra e lungo la costa gli affioramenti di queste facies sono di dimensioni assai limitate (circa 10 metri cubi). Esse appaiono inglobate nelle argille marnose o, in alcuni casi, mostrano delle facies più effusive (“lave a pillow”). Nei pressi di Ficarazzi si ritrovano limitati affioramenti costituiti da frammenti di pillow e di altri litotipi basaltici, associati a materiale ialoclastico in elementi a grana centimetrica. Tramite lo studio degli affioramenti emersi nella parte a mare, integrato da rilievi batimetrici e dall’esame di campioni prelevati nella fascia sommersa tra Acicastello e Acitrezza, si è giunti alla conclusione che le Isole Ciclopi più grandi (Lachea, Faraglione grande) e gli scogli compresi tra esse, oltre ai basalti colonnari affioranti al porto di Acitrezza, appaiono come relitti di una più estesa massa subvulcanica tabulare (sill). Negli scogli più sviluppati a sud delle Isole Ciclopi si può osservare che i prismi di contrazione termica hanno una disposizione radiale rispetto alla parte centrale della massa eruttiva, inoltre verso i bordi esterni la grana dei minerali costituenti decresce nettamente, indice di una maggiore velocità di raffreddamento.