L'attività venatoria

La caccia

La caccia può avere conseguenze molto serie sulla biodiversità quando non viene accompagnata da un attento monitoraggio dello stato di salute delle popolazioni e quando non viene condotta nello scrupoloso rispetto delle regole, soprattutto di quelle che vietano qualsiasi forma di prelievo in periodo riproduttivo o durante la migrazione. 

L'attività venatoria in Italia è regolata dalla legge n. 157 del 1992 "Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio". Negli ultimi anni sono stati fatti importanti passi avanti per limitare l'impatto della caccia su molte specie della fauna italiana e oggi la situazione è scuramente più accettabile rispetto al passato, in particolare per quanto riguarda la caccia agli ungulati che nella zona Alpi e in Appennino è regolamentata in base ai censimenti delle popolazioni. Restano alcune situazoni da risolvere, in particolare la caccia alle specie migratrici dell'avifauna, che in molti casi si traduce in un prelievo eccessivo, non commisurato alle dimensioni delle popolazioni. Diverso il caso del bracconaggio, quindi tutte le forme di prelievo che per tempi, metodi e specie esulano da quanto consentito dalla normativa attuale e possono quindi configurarsi come illegali. 

Il bracconaggio

L’Italia continua a essere purtroppo interessata dal fenomeno del bracconaggio, cioè l’uccisione illegale di fauna selvatica; questa pratica non rispetta in nessun modo quanto previsto dalla Direttiva Uccelli e dalle norme nazionali.

“Bracconiere” (leggiamo questa definizione sul sito della Lipu) (foto P. Forconi-V. Dimartino) è chi spara a specie protette, chi caccia in tempi o in aree di divieto, chi lo fa con modalità e mezzi vietati, chi cattura e detiene illegalmente uccelli e altri animali protetti. Sarebbe ingiusto non riconoscere gli importanti passi avanti che, grazie all’impegno delle Forze dell’Ordine e alla collaborazione di volontari e associazioni ambientaliste, sono stati fatti nell’ambito del contrasto al fenomeno. Ma i bracconieri sono ancora troppi e in alcune aree d’Italia ancora particolarmente attivi; ne sono un esempio le centinaia di rapaci che vengono uccisi mentre tentano di attraversare lo Stretto di Messina. In provincia di Cagliari ogni anno tra i 300.000 e i 600.000 pettirossi, merli e tordi vengono cacciati illegalmente con reti e trappole; gli animali catturati sono venduti ai ristoranti della zona per la preparazione delle cosiddette “grive”, gli spiedini di uccelli.

Bracconiere (foto P. Forconi-V. Dimartino) 

Alcuni altri casi macroscopici permangono e sono fonte di preoccupazione per l'impatto che hanno su alcune popolazioni, ad esempio il bracconaggio con trappole a vischio per i passeriformi nelle regioni prealpine, in Sardegna e nelle piccole isole, il frequente abbattimento di grandi uccelli minacciati, l'impiego di tagliole e lacci per la caccia del cinghiale e dei mammiferi in genere.

 Molti volatili poi muoiono a causa del saturnismo (l’intossicazione provocata dall’ingestione dei pallini di piombo usati per la caccia) o per colpa dei bocconi avvelenati. Il fenomeno della persecuzione diretta rimane ancora, nel nostro paese, una delle minacce più gravi per alcune specie di animali.