Storia e Geografia
Il processo di antropizzazione dell’area è strettamente legato alla storia del Vesuvio (A.Nardi/Panda Photo). Scrittori antichi descrissero il vulcano come coperto di orti e vigne, eccetto per l'arido culmine, evidenziando una distanza temporale delle attività eruttive tale da non essere concepite come un reale pericolo per le popolazioni che qui risiedevano.
Strabone, nella sua Geografia d'Italia, nel 18 d.C. (61 anni prima della devastante eruzione che sommerse Pompei ed Ercolano) descriveva il Vesuvio, come un vulcano in fase di quiescenza ed attribuiva proprio alla sua presenza la fertilità dei suoli circostanti, paragonati a quelli delle aree ai piedi dell'Etna. Difatti, la fertilità dei terreni circostanti, una prerogativa dei suoli vulcanici, favorì gli insediamenti di varie popolazioni tra cui gli osci e i sanniti di Pompei, Ercolano, Stabia e Oplonti.
Di grande rilevanza storica fu, nel 73 a.C., durante la terza guerra servile, la presenza di Spartaco e dei suoi seguaci che si rifugiarono sul Vesuvio, con l'armata dei ribelli, per difendersi dagli attacchi dall’esercito romano. Probabilmente l’area interessata dall’accampamento era quella di un antico cratere, di cui oggi sopravvive solo il settore denominato Monte Somma.
La prima eruzione del Vesuvio, storicamente documentata, fu quella del 79 d.C, di cui gli scavi di Pompei, molti secoli dopo, ne portarono alla luce la tragicità degli effetti e la straordinarietà della forza eruttiva. Si trattò di un'eruzione pliniana caratterizzata da una prima fase nella quale dal cratere scaturì una gigantesca nube di pomici e ceneri che in poche ore seppellì completamente la città di Pompei e da una fase successiva, durante la quale una nube eruttiva carica di gas tossici e vapore acqueo surriscaldato raggiunse le città ai piedi del Vesuvio e causò piogge torrenziali che fluidificarono gli enormi depositi di cenere depositati sui fianchi del vulcano, trasformandoli in immense colate di fango (lahar). Furono proprio queste colate che seppellirono le antiche città romane. Dopo il ’79 d.C., il Vesuvio continuò la sua attività eruttiva, con frequenti eruzioni di tipo stromboliano, per circa un millennio, al quale seguì poi un periodo di riposo lungo circa cinque secoli, dal 1139 al 1631, anno che fu segnato da un altro evento eruttivo di grande portata. Dopo il 1631 è iniziato un periodo di attività persistente (caratterizzata da eruzioni continue o separate da brevi periodi di riposo, dell'ordine di mesi o di pochissimi anni) che perdurò fino al 1944. L’ultima eruzione, avvenuta nel 1944, fu caratterizzata da esplosioni e flussi lavici senza grosse conseguenze. Questa eruzione ha concluso un ciclo di attività plurisecolare; negli ultimi cinquant’anni il magma ha continuato a raffreddarsi all’interno del camino vulcanico ed il Vesuvio è stato caratterizzato solo da una debole attività fumarolica e da una modesta attività sismica.
Il territorio tutela l’area del complesso di Somma–Vesuvio, il vulcano tutt'ora attivo più importante dell'Europa continentale. Situato nella Piana Campana, è un tipico esempio di strato-vulcano a recinto, costituito da due strutture morfologicamente ben distinguibili: la caldera del Somma ed il Gran Cono del Vesuvio. La caldera del Somma è costituita dal monte Somma, di forma semicircolare, che raggiunge la sua massima altezza con Punta Nasone (1132 m s.l.m.). Vi è inoltre quello che resta dell’antico vulcano (la cui attività risale ad almeno 300.000 anni fa) a sua volta suddiviso in Atrio del Cavallo e Valle dell'Inferno (A.Nardi/Panda Photo), che rappresenta la parte interna residua dell'antica caldera ed entro cui si trova il più recente Gran Cono del Vesuvio (1281 m s.l.m.).
Dal punto di vista morfologico, il Monte Somma presenta un versante meridionale molto ripido, mentre quello settentrionale lo è meno ed è solcato da numerose e profonde incisioni vallive, distribuite radialmente fino alle pendici.
Il Vesuvio ha invece una tipica forma conica; il suo cratere ha un diametro di circa 500 m ed una profondità di circa 300 m. L'attività eruttiva vesuviana è di tipo misto; tutto il complesso, infatti, si è formato dall'alternanza di eruzioni effusive (caratterizzate dalla fuoriuscita di lava dal cratere centrale e da bocche eccentriche) e di eruzioni esplosive (con emissione di grossi volumi di ceneri, lapilli e scorie vulcaniche) a forte impatto distruttivo. L’inizio dell'attività vulcanica nell’area è incerta, ma si suppone che abbia avuto origine circa 300.000 anni fa, data corrispondente all’età delle rocce vulcaniche più antiche, ritrovate ad una profondità di circa 2000 m sotto il livello del mare. I prodotti affioranti hanno invece un’età all’incirca di 25.000 anni, periodo al quale si fa risalire la più antica eruzione documentabile dai prodotti eruttivi. A partire da questo periodo diverse eruzioni pliniane hanno provocato la demolizione di tutto il settore meridionale del Monte Somma, dando luogo all’attuale caldera.
A causa della vicinanza alla costa e della modesta elevazione delle sue cime, l’area è interessata da un clima mediterraneo di tipo temperato, con inverni non troppo freddi, precipitazioni dell’ordine di 550 mm annui, concentrate in primavera ed in autunno, con la presenza di periodi estivi con prolungata siccità. Le precipitazioni a carattere nevoso sono limitate, in genere, alle altitudini superiori ai 1.000 metri ed hanno breve durata.
In tutta l’area del Parco il sistema di circolazione delle acque superficiali è molto scarso e limitato a qualche sorgiva sul versante settentrionale del Monte Somma; suoli lavici estremamente permeabili assorbono infatti tutte le precipitazioni ed inoltre i versanti a maggiore pendenza consentono la raccolta delle acque solo nei profondi valloni scavati sui fianchi del vulcano, oppure in occasione di piogge particolarmente abbondanti.
Un'elevata umidità relativa, che nei mesi estivi può superare il 65%, compensa il deficit idrico provocando la formazione di abbondanti rugiade. Alle pendici del complesso non sono rare piccole variazioni del microclima, che hanno favorito la formazione di diverse aree fitoclimatiche, dislocate sui fianchi del vulcano con distribuzione altimetrica variabile a seconda delle condizioni ecologiche venutesi a creare.